La camera oscura è stata per quasi cento anni la seconda casa del fotografo. Prima dell'avvento del digitale infatti era impossibile immaginare un fotografo professionista incapace di muoversi anche nel mondo della stampa.
Con l'evolversi della tecnica lo sviluppo e la stampa della foto sono stati delegati in maniera sempre maggiore ai laboratori fotografici professionali. Questa tendenza è andata crescendo esponenzialmente col tempo fino alla nascita a metà dello scorso secolo di grandi laboratori aperti sia ai professionisti che al pubblico.
Tutto questo è stato reso possibile dai grandissimi passi avanti nel mondo della chimica che hanno portato alla standardizzazione e alla ripetibilità scientifica dei processi di sviluppo e stampa.
IL NOSTRO LABORATORIO FOTOGRAFICO CON SEDE A FIRENZE è nato proprio negli anni in cui la chimica e la tecnica erano al loro apice, nell'epoca in cui marchi come Kodak e Fuji sembravano destinati a dominare in eterno il mondo della pellicola analogica e di tutti i servizi a essa correlati.
Stampare a colori in analogico è sempre stato considerato estremamente difficile vista la complessità dei passaggi e l'estrema suscettibilità ai cambiamenti termici dei chimici.
Al contrario la stampa analogica in bianco e nero grazie alla sua relativa facilità e economicità si è diffusa a livello di hobby. Infatti fino alla fine degli anni 90 si contavano tantissime camere oscure private.
La stampa di foto in bianco e nero considerata la sua “democraticità” è da sempre associata a pratiche legate al DIY (Do It Yourself) o a ambiti quali il fotogiornalismo e l'arte contemporanea.
Il bianco e nero semplificando l'immagine e riducendola a forme e volumi è rimasta la tecnica preferita di moltissimi grandi autori, basti pensare a Aurelio Amendola fotografa ancora in bianco e nero medio formato le opere di Michelangelo.
Con l'avvento del digitale e della stampa fine art inkjet il bianco e nero ha conosciuto una seconda giovinezza in quanto visto l'unicità di questo tipo di stampa sia i fotografi veterani che quelli nativi digitali non hanno voluto rinunciarvi.
La stampa fine art digitale in bianco e nero se messa a confronto con quella analogica ai sali di argento è estremamente giovane. I chimici e i fotografi che hanno lavorato al bianco e nero analogico hanno avuto un secolo per affinarne i processi fino a compiere veri e propri virtuosismi tecnici.
Nonostante questo svantaggio la stampa giclée in bianco e nero ha da subito cominciato a guadagnare terreno e a fare enormi progressi. Non è un caso che le nostre STAMPE AI SALI DI ARGENTO CON INGRANDITORE DIGITALE LAMBDA DURST siano ancora richiestissime.
Una fra le problematiche principali che si presentarono quando si tentò per la prima volta di stampare in maniera monocromatica con la tecnologia del getto di inchiostro fu quella della tonalizzazione o nei casi peggiori dello split toning nelle stampe.
Con l'evolversi della tecnica lo sviluppo e la stampa della foto sono stati delegati in maniera sempre maggiore ai laboratori fotografici professionali. Questa tendenza è andata crescendo esponenzialmente col tempo fino alla nascita a metà dello scorso secolo di grandi laboratori aperti sia ai professionisti che al pubblico.
Tutto questo è stato reso possibile dai grandissimi passi avanti nel mondo della chimica che hanno portato alla standardizzazione e alla ripetibilità scientifica dei processi di sviluppo e stampa.
IL NOSTRO LABORATORIO FOTOGRAFICO CON SEDE A FIRENZE è nato proprio negli anni in cui la chimica e la tecnica erano al loro apice, nell'epoca in cui marchi come Kodak e Fuji sembravano destinati a dominare in eterno il mondo della pellicola analogica e di tutti i servizi a essa correlati.
Stampare a colori in analogico è sempre stato considerato estremamente difficile vista la complessità dei passaggi e l'estrema suscettibilità ai cambiamenti termici dei chimici.
Al contrario la stampa analogica in bianco e nero grazie alla sua relativa facilità e economicità si è diffusa a livello di hobby. Infatti fino alla fine degli anni 90 si contavano tantissime camere oscure private.
La stampa di foto in bianco e nero considerata la sua “democraticità” è da sempre associata a pratiche legate al DIY (Do It Yourself) o a ambiti quali il fotogiornalismo e l'arte contemporanea.
Il bianco e nero semplificando l'immagine e riducendola a forme e volumi è rimasta la tecnica preferita di moltissimi grandi autori, basti pensare a Aurelio Amendola fotografa ancora in bianco e nero medio formato le opere di Michelangelo.
Con l'avvento del digitale e della stampa fine art inkjet il bianco e nero ha conosciuto una seconda giovinezza in quanto visto l'unicità di questo tipo di stampa sia i fotografi veterani che quelli nativi digitali non hanno voluto rinunciarvi.
La stampa fine art digitale in bianco e nero se messa a confronto con quella analogica ai sali di argento è estremamente giovane. I chimici e i fotografi che hanno lavorato al bianco e nero analogico hanno avuto un secolo per affinarne i processi fino a compiere veri e propri virtuosismi tecnici.
Nonostante questo svantaggio la stampa giclée in bianco e nero ha da subito cominciato a guadagnare terreno e a fare enormi progressi. Non è un caso che le nostre STAMPE AI SALI DI ARGENTO CON INGRANDITORE DIGITALE LAMBDA DURST siano ancora richiestissime.
Una fra le problematiche principali che si presentarono quando si tentò per la prima volta di stampare in maniera monocromatica con la tecnologia del getto di inchiostro fu quella della tonalizzazione o nei casi peggiori dello split toning nelle stampe.